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martedì 11 novembre 2014

Mancarsi - Diego De Silva

Mancarsi - Diego De Silva
Pagine: 98
Edizione: Einaudi


TRAMA                          
Irene vuole essere felice, e quando il suo matrimonio inizia a zoppicare se ne va. Nicola è solo, confusamente addolorato dalla morte di una donna che aveva smesso di amare da tempo. Anche lui, come Irene, è mosso da un'assoluta urgenza di felicità. Anche lui vuole un amore e sa esattamente come vuole che sia fatto.
Sarebbero destinati a una grande storia, se solo s'incontrassero una volta nel bistrot che frequentano entrambi. Ma il caso vuole che ogni volta che Nicola arriva, Irene sia appena andata via. 
Se le vite di Nicola e Irene non s'incontrano fino alla fine, le loro testo invece s'incontrano furiosamente nelle pagine di questo libro: i pensieri, le derive, il sentire si richiamano di continuo, sono ponti gettati verso il nulla o verso l'alto.


RECENSIONE                         
Mancarsi. Solo otto lettere che aprono un mondo, infinite possibilità: mancarsi, perchè? Mancarsi e come? Mancarsi reciprocamente? No, in questo libro si parla di mancare a sè stessi.
Da quando hanno perso, chi per scelta e chi involontariamente, la persona con cui condividevano il loro tempo, Irene e Nicola hanno un vuoto dentro che non riescono a colmare e in cui si sono persi, senza riuscire più a ritrovarsi, mancandosi. Un vero e proprio buco nero, un piccolo mondo che si nasconde dietro a due nomi banali, due adulti anonimi, ormai inscindibili dalla loro routine. 
Ma come tutti sappiamo, dietro ai volti che si confondono nella folla, talvolta si celano grandi anime. 
In questo libro, le due grandi anime stanno sedute al tavolino di un bistrot. 
L'ambientazione è raffinata, perfettamente adeguata a tutto il resto. Mi sono immaginata un locale piccolo, modesto, ma estremamente accogliente ed elegante, un po' vintage, sullo stile di Colazione da Tiffany, con grandi vetrate al di fuori delle quali i nostri protagonisti vedono scorrere la vita degli altri. Un piccolo angolo di pace in cui il tempo sembra fermarsi.
Irene e Nicola vi arrivano sempre allo stesso orario, ordinano sempre le stesse cose e siedono sempre allo stesso posto, a fronte del manifesto di Buster Keaton, un'immagine che ha assunto un significato profondo per entrambi, che rievoca grandi ricordi e che portano nel cuore.
E' estremamente appassionante vedere come, fin dall'inizio, noi lettori conosciamo il destino dei due, ma non lo vediamo compiersi. 
Una volta ho letto una frase, che parlava della leggenda del filo rosso del destino e che mi sembra perfetta per riassumere in poche righe l'immagine che avevo stampata fissa nella mente, mentre leggevo:

"La leggenda del filo rosso del destino è una credenza molto diffusa in Giappone, che si rifà a un'antica leggenda cinese. La leggenda narra che ognuno di noi nasce con un invisibile filo rosso legato al mignolo  della mano sinistra. Questo filo ci lega indissolubilmente alla persona a cui siamo destinati: il grande amore, la nostra anima gemella. Le due persone così unite sono destinate ad incontrarsi, non importa il tempo che dovrà passare, le circostanze o le distanze che le separano, perchè il filo rosso sarà lunghissimo e fortissimo e non si spezzerà mai. Sarà lo stesso destino a tenerlo saldo e unito finchè esse non s'incontreranno."

Diego De Silva si diverte, in questa breve storia, a giocare col destino dei due protagonisti, a muoverli come se fossero pedine di una scacchiera, senza farli incontrare, ma lasciando in risalto il
colore rosso vivo del filo che li lega. Seguiamo separatamente, a capitoli alternati, la vita dell'uno e dell'altro e ne notiamo i caratteri comuni, tifiamo perchè questi due cuori affini riescano ad incontrarsi e a sentirsi finalmente completi. Perchè entrambi sono consapevoli del buco nel petto ed entrambi sanno perfettamente cosa servirebbe per colmarlo: un amore. Un amore che conoscono già nella loro mente, un amore che sta nei pochi secondi in cui arrivano a sfiorarsi senza mai toccarsi, quel breve spazio che li divide quando lei esce dal bistrot e lui entra. 
Vi è poi la vita fuori dal piccolo bar: abitudinaria e ripetitiva per Irene, stranamente piena per Nicola, che da quando ha perso la moglie ha ricominciato a vivere e a recuperare i propri spazi a piccoli morsi. 
Nonostante la brevità, questo piccolo romanzetto è un vero e proprio concentrato di vita e i flash, gli sprazzi di quotidianità che ci vengono proposti sono tra i più vari, ma in prevalenza si tratta di ricordi, I personaggi sembrano muoversi in un sogno, in una bolla di sapone, perchè il registro e i toni dell'autore sono sempre estremamente delicati. Un'eccezione a tutto ciò, sono i racconti riguardanti gli spasimanti di Irene, che cercano di rimorchiarla al bistrot e di appropriarsi della sua straordinaria bellezza. Con una narrazione abbastanza ironica e schietta, ci vengono raffigurate con destrezza diverse tipologie umane, quasi beffandosene, come se fossero caricature.
Il finale è un bellissimo climax: è come se tutto, all'improvviso, ricevesse una spinta, come se la bolla di sapone fino a quel momento intatta si rompesse e i personaggi cominciassero a correre, spintonando la folla che li aveva sempre nascosti.
Mancarsi mi aveva attirato fin dal primo istante. E', innanzitutto, uno di quei libri il cui solo titolo ha una fortissima risonanza e sembra parlare da solo. Un piccolo volume, estremamente sottile e leggero, che passa inosservato sugli scaffali della biblioteca, ma che contiene in sè tanta poesia, proprio come i personaggi stessi.
E' un piccolo grande libro sulla vita, sul destino e sull'amore; ruba solo un'ora, ma fa sognare.


VOTO: 9

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