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lunedì 29 dicembre 2014

Palomar - Italo Calvino

Palomar - Italo Calvino
Pagine: 112
Edizione: Oscar Mondadori


TRAMA                                                                            
Palomar, dapprima in vacanza, poi in città ed infine immerso nei suoi silenzi, conduce per mano il lettore illustrandogli un nuovo metodo di approccio al mondo ed è attraverso le sue osservazioni forzate fino al più piccolo particolare che Calvino conduce il lettore verso aspetti diversi dell'esistenza: dalla più banale delle cose, come il riflesso del sole sul mare, sino ai più affascinanti misteri quali le iscrizioni tolteche a Tula in Messico...


RECENSIONE                                                                
Palomar è un libro suddiviso in tre sezioni principali: Le vacanze di Palomar, Palomar in città, I silenzi di Palomar. Ognuna di queste sezioni è suddivisa in tre sottinsiemi, suddivisi a loro volta
in altre tre parti. Un'organizzazione sistematica, che fa pensare ad una struttura architettonica rigida e immobile, all'interno del quale vive un unico inquilino: Palomar, il protagonista di questo libro, un protagonista che non ci viene mai descritto fisicamente. E' solo un signore dal nome simbolico, il nome di un osservatorio astronomico, una lente d'ingrandimento, un occhio quasi robotico che, nonostante la sua miopia, vede più a fondo di chiunque altro e studia il mondo nei suoi dettagli più trascurabili. Un individuo il cui Io "non è altro che la finestra attraverso la quale il mondo guarda il mondo.", un Io depersonificato che trascura sè stesso per fondersi con ciò che lo circonda.
In un libro in cui non ci viene lasciato nessuno spazio di immaginazione, perchè tutto ciò che si può immaginare sta già scritto nelle pagine, l'unica libertà che l'autore ci lascia è quella di dare un volto a questo signore. Io me lo sono immaginata come un signore anziano dallo sguardo buono, come quei signori che talvolta incontri sull'autobus o ai giardini, mentre camminano lentamente con le mani dietro la schiena e si guardano attorno, vigili. 
Palomar è una miscela di vista e intelletto, nella mia testa ha la fronte spaziosa e due occhi enormi, coperti da occhiali altrettanto grandi. E' un solitario taciturno: la gente e le parole sono elementi di disturbo per chi viaggia sempre con la mente.
Palomar "volendo evitare le sensazioni vaghe, si prefigge per ogni suo atto un oggetto limitato e preciso" e lo studia in tre modi differenti. Talvolta, si tratta di un'osservazione analitica di un'onda, della vista dal suo terrazzo o della corsa sgraziata di una giraffa. In questi casi i racconti diventano un insieme di descrizioni estremamente accurate che sembrano aver tralasciato il tempo, osservando al rallentatore la superficie delle cose. 
Altre volte, invece, l'occhio non si limita a guardarle, vi passa attraverso, vi guarda all'interno. Da analitica, l'osservazione diventa anatomica, studia le viscere delle cose, che siano la pancia trasparente di un geco che inghiotte una farfalla, teschi e serpenti disegnati sulle pareti di un tempio di Tula o i formaggi esposti in un negozio alimentare di Parigi. Palomar si limita ad interrogarsi sui significati che ciò che vede si porta appresso, senza mai parlarne o dargli una forma, svalutando il discorso che rischierebbe solo di svalutare qualcosa di grande risonanza.
Il terzo modo, invece, è un'osservazione che non passa più attraverso gli occhi, ma attraverso la mente. Gli enti visibili diventano trampolini di lancio verso l'universo; Palomar coglie questi impulsi e si spinge oltre, a filosofeggiare sull'infinito, sul tempo o sulla vita in generale.
Ora, immaginate tutto questo raccontato dalle parole di Calvino, in una maestria di scrittura in cui ogni frase è al posto giusto e si concatena perfettamente con le seguenti, senza lasciare niente al di fuori, creando una catena di concetti talvolta estremamente difficili da districare, ma pur sempre fortemente evocativi. I racconti che leggiamo non sono semplici analisi, sono dimostrazioni dell'immenso potere della mente. Calvino crea mondi così fantasiosi e così ricchi che ad un certo punto il letto su cui stavo leggendo non è più bastato. Mi sono dovuta spostare sul tappeto, anche se erano le undici di sera e faceva freddo fuori dalle coperte, il letto non era più sufficiente. Avevo bisogno di uno spazio più aperto, di respirare più liberamente, di essere anche solo minimamente più in contatto con questo universo che veniva raccontato e che io avevo sempre considerato solo in parte.
Questo libro è una torre, ogni capitolo è uno scalino che da su una porta, e ogni porta si apre su una stanza in cui è racchiuso tutto, tutto quello a cui non abbiamo mai dedicato più di un'occhiata superficiale. Si continua a salire fino all'ultima parte, I silenzi di Palomar, che io ritengo la più bella in assoluto. Bella è un aggettivo che le maestre fin dalle elementari ti dicono di evitare, perchè è banale, perchè è riduttivo, ma è anche l'unico che mi viene in mente. Dopotutto è lo stesso Palomar a dire che le parole, talvolta, sono carceri per i grandi pensieri che ci teniamo in mente.
Sicuramente la migliore lettura del 2014 che mi è capitata tra le mani, quasi provvidenzialmente, proprio agli sgoccioli di questo anno.


"Quando Palomar s'era accorto di quanto approssimativi e votati all'errore sono i criteri di quel mondo dove credeva di trovare precisione e norma universale, era tornato lentamente a costruirsi un rapporto col mondo limitandolo all'osservazione delle forme visibili; 
ma ormai lui era fatto com'era fatto: la sua adesione alle cose restava quella intermittente
e labile delle persone che sembrano sempre intente a pensare a un'altra cosa
ma quell'altra cosa non c'è."


VOTO: 9,5

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