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giovedì 23 luglio 2015

Il fu Mattia Pascal - Luigi Pirandello

Il fu Mattia Pascal - Luigi Pirandello
Pagine: 233
Edizione: Oscar Mondadori


TRAMA                                                                               
Il romanzo, pubblicato nel 1904, narra la storia di un timido provinciale. Mattia Pascal, che si allontana di casa dopo una delle solite liti con la moglie Romilda e la suocera e, arrivato a Montecarlo, vince, giocando a caso, diverse decine di migliaia di lire. Il possesso di una grossa somma e la lettura di una notizia di cronaca che annuncia la sua morte (un'erronea identificazione del cadavere di un disperato che si è ucciso gettandosi nel pozzo di casa Pascal), lo inducono a simulare davvero la morte e a tentare di cominciare una nuova vita. Mattia Pascal diventa così il signor Adriano Meis, e va a stabilirsi a Roma.


RECENSIONE                                                                          
Non avete mai immaginato di fingervi morti per vedere le reazioni di tutti quelli che vi stanno attorno? O per liberarvi di loro? O semplicemente per sparire e basta, per non esistere più agli occhi di nessuno e neanche ai vostri? Un po' come chi si finge morto per non farsi aggredire da un orso, perchè ti annusi un po' e poi sparisca. Ci vuole un grande autocontrollo per resistere, rimanere fermi e non rendere vani tutti gli sforzi, così come ce ne vuole a inventarsi una nuova vita, un nuovo passato, nuove origini e tenere tutto in piedi. Vivere senza pagare le tasse, senza potersi sposare, nè poter denunciare un furto, perchè per chi ti conosce e anche per lo Stato, tu sei morto. 
Sembra una condanna, ma è una manna dal cielo per Mattia Pascal. 
Mattia Pascal che è pieno di debiti.
Mattia Pascal che è solo al mondo, se non per una suocera e una moglie insopportabili. 
Mattia Pascal che fugge, sì, ma sempre per ritornare; che vorrebbe sparire, sì, ma chissà per quale motivo non lo fa mai. 
E chi potrebbe immaginare che essere riconosciuto nel cadavere di un suicida potrebbe essere una fortuna? Chi potrebbe immaginare che giocando a caso alla roulette si possano vincere un mucchio di soldi? 
L'occasione di iniziare una nuova vita gli si presenta sul treno che lo sta riconducendo a casa, quando aprendo il giornale si è trovato davanti agli occhi un elogio funebre che porta come titolo il suo nome in grassetto. Da quel momento la libertà gli si spalanca davanti, smisurata: la possibilità di vivere senza nessuno a cui dover rendere conto, senza nemmeno ufficializzare la propria esistenza, soli con sè stessi e con il proprio nuovo io. Per alcuni anche solo l'anno nuovo è un'occasione per ricominciare da capo, per lasciarsi dietro i problemi e ricostruirsi; è un inizio pieno di speranza e buoni propositi. Pensate come dev'essere trovarsi, un giorno, a doversi reinventare da capo a piedi, senza più un nome, senza più una dimora, senza più nemmeno il proprio aspetto fisico da poter tenere invariato. Un'occasione per nascere una seconda volta. 
Ma i propositi dell'anno nuovo non vengono mai rispettati, tutto resta invariato e la vita continua, ciò che c'è di nuovo è l'aver festeggiato a lungo la notte precedente. Allo stesso modo, quella di una nuova nascita non può essere altro che un'illusione, così come la completa libertà che sembra accompagnarla, in realtà piena di vincoli e catene.
Mattia Pascal, o Adriano Meis, è "vivo per la morte e morto per la vita", è in una terra di mezzo, in un limbo che non fa altro che lasciarlo in bilico.
Ma non è poi tutto così drammatico e struggente: la storia racconta anche della sua disastrata vita comune, a partire dall'infanzia, fino all'età adulta e al matrimonio, con tutti i guai che questo comporta. E poi il cambio di vita, la nuova residenza, i nuovi coinquilini. La sua quotidianità è decisamente comica, talvolta, e tutto è raccontato in un linguaggio piacevolmente leggibile e molto scorrevole, in cui ogni tanto l'autore riesce a incastrare con grande maestria dei passaggi molto filosofici. Ci sono alcuni libri di cui non si possono leggere dieci capitoli filati, che dopo una ventina di pagine bisogna posare sul comodino e fare una pausa. La narrazione di questo libro, invece, è un flusso continuo, un ruscello sinuoso che scorre in scioltezza. 
Un personaggio geniale, che personifica perfettamente la coesistenza di comicità e profondità, è il signor Anselmo, il nuovo padrone di casa di Adriano Meis, appassionato di misticismo, teologia, ma soprattutto di occulto e sedute spiritiche. Pur sembrando uno scapestrato con qualche rotella fuori posto, le sue digressioni sulla vita e sulla morte sono veramente intelligenti e anche abbastanza sorprendenti. Molto ben fatti (anche se sempre a un gradino inferiore di quello di Anselmo Paleari) sono anche tutti gli altri personaggi, nei confronti dei quali l'io narrante riesce a influenzarci senza fatica nel provare folle antipatia o smisurato affetto.
E' un romanzo sulle maschere che l'uomo si crea per sfuggire alla realtà, sulla perdità d'identità che ne consegue, di chi non sa più chi è e cosa deve fare con sè stesso. Un romanzo sui conflitti interiori che dilaniano ogni uomo anche senza che gli siano accadute le stesse incredibili vicende di Mattia Pascal; un romanzo che dimostra quanto la vita non possa mai essere completamente libera, poichè in qualche modo ci troveremo sempre legati a qualcuno o a qualcosa e non possiamo esistere soli con noi stessi.


VOTO: 9.5

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