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lunedì 28 settembre 2015

Stoner - John Williams

Stoner - John Williams
Pagine: 322
Edizione: Fazi Editore
Titolo originale: Stoner


TRAMA                                                                        
William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato; mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita; per quasi quarant'anni è infelicemente sposato alla stessa donna; ha sporadici contatti con l'amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo; per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante.


RECENSIONE                                                                                                               
"Faceva il suo dovere all'università come alla fattoria - accuratamente, coscienziosamente, senza piacere nè pena. Alla fine del primo anno, la sua media era appena sotto la B; era contento che non fosse più bassa e non si crucciava del fatto che non fosse più alta. (...) L'estate del primo anno tornò alla fattoria di suo padre e lo aiutò col raccolto. Una volta l'uomo gli chiese se gli piaceva andare a scuola, e lui rispose di sì. Suo padre annuì e non tornò più sulla questione."
Riga 6, pagina 16 di 322.
Non c'è molto da dire su questo libro, lo si capisce dalle prime pagine. Eppure, al contempo, parlarne non è per niente facile.
Quella di William Stoner è una vita assolutamente comune, forse straordinaria solo per la sua monotonia. Eppure il romanzo è diventato un apprezzatissimo bestseller e solo leggendolo si può capire il perchè.
Meriterebbe di avere un posto nei libri di letteratura inglese del futuro, perchè Stoner è un elogio all'arte della scrittura, al potere della parola che trasforma l'ordinario in rarità. L'occhio sensibile dell'artista riesce a trovare bellezza in una vita normale, che diventa speciale perchè è la tua vita, o la vita di William Stoner e non può essere di nessun altro. 
Il narratore è una terza persona sensibilmente distaccata: riporta lo scorrere dei giorni, semplici fatti che un qualunque passante un po' curioso può osservare mentre avvengono, uno dopo l'altro, andando a comporre la vita del professore. Ma in qualche modo, la terza persona sembra essere contaminata dall'interiorità di Stoner che si infila inosservata nel racconto e diventa protagonista più di Stoner stesso. L'apatia e la passività apparenti si mescolano con una sensibilità rarissima, nascosta nell'io più profondo e imperscrutabile, chiuso a forza nelle viscere del suo corpo, come fossero un forziere. 
La scrittura è pacata, chiara, sciolta e coinvolgente, anche nei momenti in cui sarebbe normale che diventasse veemente. Ma Stoner rimane impassibile e la maggior parte delle volte soccombe davanti ai disastri della sua vita, ma non ho mai provato pena per lui, nè ho sentito il bisogno che compiesse atti eroici per riscattarsi. Ho anzi ammirato il suo self-control, la sua capacità di adattamento e il normalissimo modo in cui svolgeva i suoi compiti.
Un desiderio comune dell'uomo è quello di vivere una vita che valga la pena di essere ricordata, di sconfiggere l'oblio, di durare negli anni e per far ciò c'è bisogno di fare qualcosa di diverso, di distinguersi, di compiere grandi azioni per finire nei nomi di strade e piazze, nei libri di storia. Stoner invece se ne frega. Così, semplicemente, se ne frega. Asseconda il fato e non si oppone in nessun modo allo scorrere del tempo, eppure ai nostri occhi la sua vita è grandiosa. 
Ci sono, poi, alcuni passaggi, alcuni momenti del libro che contribuiscono a renderlo geniale. Una scena estremamente brillante è il monologo del bar. Dave Masters, uno dei personaggi, prende la parola, ruba il microfono alla terza persona narrante e descrive dal suo punto di vista i due uomini che gli stanno di fronte. Incredibilmente sfacciato e sarcastico, gli dice in faccia difetti e debolezze e dipinge in modo maestrale il loro ritratto.
"Anche tu sei uno dei malati: sei il sognatore, il folle in un mondo ancora più folle di lui. Sei abbastanza intelligente, ma in te c'è il segno dell'antica malattia. Tu credi che ci sia qualcosa qui, che va trovato. Nel mondo reale scopriresti subito la verità. Anche tu sei votato al fallimento. Ma anzichè combattere il mondo, ti lasceresti masticare e sputare via, per ritrovarti in terra a chiederti cos'è andato storto. Perchè ti aspetti sempre che il mondo sia qualcosa che non è, qualcosa che non vuole essere."
Arrivata alla fine del libro, non sono rimasta delusa neanche dalle ultime pagine che, straordinariamente, descrivono delicatamente un evento del corso naturale della vita che è ignoto e imperscrutabile. Eppure l'autore sembra aver capito anche questo. Sembra aver capito tutto della vita e ciò che sa ce lo racconta indirettamente nelle pagine di questo romanzo che, pur rimanendo di una meravigliosa semplicità, affrontano temi e dicono cose di fondamentale importanza nella vita di chiunque.
Un libro da leggere, almeno una volta nella vita.


VOTO: 9

mercoledì 23 settembre 2015

The Program - Suzanne Young

The Program - Suzanne Young
Pagine: 405
Edizione: Simon Pulse
Titolo originale: The Program


TRAMA                                                                               
Nel mondo di Sloane, i veri sentimenti sono proibiti, il suicidio adolescenziale è un'epidemia e la sola soluzione è il Programma.
Sloane sa che non può permettersi di piangere di fronte agli altri. Con il suicidio che è ormai diventato un'epidemia internazionale, un semplice sfogo potrebbe mandarla al Programma, l'unico trattamento previsto. I genitori di Sloane hanno già perso un figlio e lei sa che faranno di tutto per mantenerla in vita. Sa anche che chiunque abbia affrontato il Programma è tornato vuoto, perchè la loro depressione è sparita - così come i loro ricordi.
Sotto costante sorveglianza a casa e a scuola, Sloane si arma di un'espressione coraggiosa e mantiene i suoi sentimenti il più nascosti possibile. L'unica persona con cui Sloane può essere sè stessa è James. James ha promesso di tenerla al sicuro e lontana dal trattamento e Sloane sa che il loro amore è forte abbastanza da affrontare qualsiasi cosa. Ma malgrado le promesse che si sono fatti, è sempre più difficile nascondere la verità. Si stanno entrambi facendo più deboli...la depressione si sta insinuando in loro. E il Programma sta arrivando a prenderli. 


RECENSIONE                                                                                                              
"All around me are familiar faces
worn out places, worn out faces
bright and early for their daily races
going nowhere, going nowhere
their tears are filling up their glasses
no expression, no expression
hide my head, I wanna drown my sorrow
no tomorrow, no tomorrow" 
Questa bellissima canzone di Gary Jules, Mad World, sembra essere scritta su misura per contestualizzare questo romanzo, perchè in poche parole riesce a racchiudere la semplice drammaticità che lo permea: attorno c'è luce ed è presto e tutti si preparano per le lotte giornaliere, che non li portano da nessuna parte. Devono nascondersi, soffocare il dolore e non c'è espressione, non c'è futuro. 

Immaginate di dover nascondere ogni vostro sentimento, che sia rancore, senso di perdita, tristezza o semplicemente una vaga debolezza che vi prende per caso.
Immaginate di scoppiare, allontanarvi dal mondo per piangere e urlare in libertà.
E ora immaginate quel mondo. Un mondo dove non puoi piangere neanche di fronte alla tua famiglia, perchè sei controllata, perchè i tuoi stessi genitori potrebbero segnalarti al Programma. Sareste bollati come depressi, possibili suicidi e trascinati via dalla vostra vita.
Immaginate di uscire dal programma, vuoti senza i vostri ricordi, e non riconoscere più il vostro ragazzo, le vostre amiche; non trovare i vostri vestiti nell'armadio e i vostri oggetti sulle mensole.
Immaginate di non avere più un passato, di non avere più un'identità.

Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha pensato: "come sarebbe bello se potessi dimenticare".
Ma il bello sta proprio nel non farlo. Anche tutto il male che abbiamo vissuto entra pian piano a far parte di noi e arriviamo ad un punto in cui ci rendiamo conto che non potremmo vivere senza, che non saremmo gli stessi se non avessimo all'interno il carico di dolore che ci ha fatto crescere. 
La perdita dell'identità, l'amnesia, la rimozione dei ricordi sono tematiche che mi hanno sempre spaventata e penso che questo sia stato uno dei libri più tristi che io abbia mai letto. Mi sono immedesimata molto facilmente in Sloane, perchè faceva sempre quello che avrei fatto io, approvavo il suo comportamento di fronte alla terribile situazione, il suo coraggio e comprendevo anche la sua impotenza. Sentivo male al cuore ogni volta che accadeva qualcosa di terribile e avrei continuato a leggere questo libro per ore, nonostante mi colpisse nel profondo, e non ne avevo tempo. E' drammatico quando un libro ti piace a tal punto che lo finiresti in un pomeriggio e non puoi farlo. Accompagnata da una specie di sehnsucht ho affrontato questa lettura, struggendomi e cercando ogni istante libero per tenerlo fra le mani. Inoltre, la scrittura scorre in maniera piacevolissima, come un filo che si srotola progressivamente da un gomitolo caduto a terra.
Le prime parole che mi sono capitate sotto gli occhi sono state "uncomfortably numb" , storpiatura del titolo della mia canzone preferita dei Pink Floyd e, come potrete immaginare, ho iniziato a leggere con una certa positività.
Per quanto riguarda i personaggi,  Sloane impersona l'eroina della storia e per questo deve essere forte, ribelle e combattiva, ma in un modo o nell'altro mi è sembrata anche abbastanza umana. Si illude, talvolta non si accorge di ciò che sta, in modo evidente, proprio davanti a lei, così come succede a tutti noi. James, e anche qualche altro personaggio, sono al contrario molto fictional, ovvero romanzati, senza
molti riscontri in persone reali, ma dopotutto leggo proprio per questo: innamorarmi follemente o odiare visceralmente personaggi immaginari, e questo romanzo mi ha permesso di farlo. Ho odiato, per esempio, gli handlers, ovvero coloro che supervisionano i ragazzi e che sono sempre pronti a strapparli dalla propria vita al minimo segno di debolezza. Portano il camice bianco e sono come degli infermieri al contrario, che invece di volere il bene dei propri pazienti, non fanno altro che causargli danno. Più in generale, tutto il sistema del Programma è composto da persone subdole, ipocrite e anche un po' sadiche.
Avendovi messo davanti agli occhi queste premesse, penso che potrete capirmi se dico di aver percepito la drammaticità di questo romanzo e di averlo letto e apprezzato in modo quasi viscerale, desiderando di potermi infilare negli spazi bianchi tra le parole per cambiarne il corso: partecipare, avvertire, salvare, ammonire. Ma i libri sono belli proprio perchè ci sfuggono, perchè l'inchiostro è impresso nella pagina e non possiamo cancellarlo e dobbiamo struggerci, seguire la sorte di personaggi che amiamo senza poter far niente. Spero che The treatment, il secondo libro, mi catturi allo stesso mondo.


VOTO: 9

mercoledì 16 settembre 2015

Festivaletteratura 2015


Quest'anno, per la prima volta, sono riuscita ad avere l'onore di lavorare come volontaria al fantastico Festivaletteratura della mia città, Mantova, che ogni anno grazie a questa ricorrenza di cinque giorni si anima come mai prima e diventa veramente viva.







Dal 9 al 13 Settembre, non ho avuto un minuto libero, ho lavorato tanto, ma ne è valsa veramente la pena. Ho conosciuto persone che davvero avrei voluto conoscere e soprattutto per ciò che riguarda il progetto che ho seguito in prima persona, posso dire che è stata un'esperienza che non dimenticherò. Per questo, comincerò parlandovi proprio di questo evento.



BIBLIOTECA GOTICA, Atrio degli Arcieri, tutti i giorni
La biblioteca gotica era un evento perenne. Io e le altre ragazze del gruppo di lettura della biblioteca Baratta ci siamo date da fare per essere sempre presenti, a turno, come guardiane della biblioteca. 
Aperta dalle 10 di mattina alle 20, la struttura offriva uno spazio per bambini e uno spazio per adulti in cui leggere libri appartenenti al genere gotico, anche di autori che non vi aspettereste: Sciascia, D'Annunzio, Capuana, Pirandello. Il tutto era integrato da quattro postazioni computer, disponibili per la consultazione di testi provenienti dalla Biblioteca Nazionale di Firenze e l'ascolto di musiche gotiche che spaziavano dalle colonne sonore di Dario Argento alla lirica.
Last, but not least il piccolo cimitero di lumini e lapidi di cartone all'ingresso, che dava il benvenuto ai visitatori e che ha suscitato le emozioni e le richieste più strane di sempre.
"Le tombe di cartone sono in vendita?"
"Ma è un memoriale per qualcuno?"


SUSSURRI, sottopalco del Teatro Sociale, Sabato 12 
Un altro evento del gotico italiano a cui ho lavorato per tutte le sei lunghissime ore, e che mi rimarrà nel cuore per sempre per la sua stranezza, è stato Sussurri. Dalle 17 alle 23, il sottopalco del Teatro Sociale è stato illuminato da lucine cimiteriali, alcune a costruire un percorso sul pavimento, altre in mano agli immobili (e bravissimi) lettori che per venti minuti sussurravano racconti gotici agli spaventati spettatori. Ogni racconto durava due minuti circa, dopodichè, noi volontari muti e impassibili, avremmo dovuto condurre i presenti al lettore successivo. Ogni turno di venti minuti terminava con un nostro urlo agghiacciante, grazie al quale mi è mancata la voce tutto il giorno successivo!


PARTY GOTICO, Teatro Sociale, Sabato 12
Prince Maurice, NicoNote e Isabella Santacroce, si sono esibiti al Party Gotico di Sabato notte, in cui il pubblico si trovava in scena, sul palco, e non comodamente seduto sugli spalti.
Un inizio decisamente inquietante, grazie ai ragazzi di Teatro Magro che hanno inscenato brevi spettacoli da brivido e poi i tre artisti, uno dopo l'altro, con tre generi e tre approcci totalmente differenti. Prince Maurice, nudo e ricoperto dalla farina di riso e da un velo da sposa, con un sorriso spettrale sulle labbra e con una spettacolare Because the night in versione lirica remixata; NicoNote che ha incantato con la sua voce che non necessitava di nessun tipo di accompagnamento e la figura attraentemente stramba di Isabella Santacroce che ci ha fatto ballare per tutto il tempo.


TRACY CHEVALIER, Palazzo S.Sebastiano, Mercoledì 9
Esco ora dall'ambito gotico, per parlarvi di un evento a cui ho assistito come spettatrice e non più come volontaria. Era quello che più mi premeva, l'evento di Tracy Chevalier. Mi sono innamorata del quadro di Vermeer, grazie al suo libro La ragazza con l'orecchino di perla (aggiungerei, mi sono innamorata anche del libro stesso) e ora che l'ho vista, posso dirmi soddisfatta. Ci sono autori che ti fanno crollare il mondo addosso, nel momento in cui smettono di essere tratti di inchiostro su una pagina per mostrarsi ai tuoi occhi in carne e ossa e ce ne sono altri che non fanno che confermare l'idea di sensibilità e intelligenza che ti eri fatto di loro. La Chevalier appartiene sicuramente al secondo gruppo. 
Dopo aver parlato un po' del suo ultimo libro Strane Creature, ci racconta che per raccontare di una protagonista che tesseva, si è iscritta ad un corso di tessitura. 
"Sono una persona molto verbale: scrivo, parlo, leggo. Tessere è visivo e mette in moto una parte totalmente diversa del cervello." Dopodichè ci mostra le trapunte, risultato del suo stesso lavoro e ci spiega che, solitamente, le parti gialle sono molto importanti per lei, poichè rappresentano i flash che le si accendono nella mente e che le danno le idee per i suoi libri.
Gli ultimi minuti di intervista sono stati, per me, molto intensi, perchè ho ricevuto il mio cervello così ipersensibile alla poeticità dei particolari e delle ossessioni della gente ha ricevuto troppi imput:
  1. Tracy Chevalier scrive i suoi libri a mano. (!!)
  2. Tracy Chevalier è disordinatissima. (!!!!)
  3. Tracy Chevalier non è capace di scrivere del presente. Ha bisogno di distanza, per vedere meglio. Alcuni scrittori si trasferiscono su altri pianeti, dando vita alla fantascienza; lei cerca di non pensare a ciò che ha attorno, per pensare a ciò che le sta alle spalle. Questo le dà l'impressione di allungarsi tra le epoche.
  4. ANTecedente e ANTenato, POSTeriore e POSTumi hanno la stessa radice, come a volerci dare un indizio che ciò che è passato ("antenato") in realtà è davanti a noi, mentre il futuro (postumo) è posteriore, non possiamo vederlo. Tracy Chevalier guarda al passato proprio in questo modo, come se fosse esattamente davanti a lei.

OKEY NDIBE, Tenda Sordello, Giovedì 10
Non conoscevo Okey Ndibe e sono andata al suo evento per pura curiosità e perchè era privo di traduzione. Okey è nigeriano e parla un bellissimo inglese, chiaro e coinvolgente; soprattutto, parla di cose che bisogna dire, che c'è bisogno di insegnare alla gente. Questi insegnamenti sono, dopotutto quelli del titolo "Stories that must be told". Portandoci degli esempi agghiaccianti, Okey ci spiega che davanti alle ingiustizie, o quando sentiamo l'impulso di prendere le difese di qualcuno o dei propri ideali non bisogna essere codardi, ma bisogna alzare la voce e parlare. Di questo parla nel suo libro Arrows of rain, che è arrivato a perseguitare la mente di una donna, che aveva il rimorso di non aver parlato. La donna faceva parte di un fanclub del libro e, dopo essersi messa in contatto con lo scrittore, gli ha raccontato l'episodio. Un giorno assistette a una donna che picchiava il suo bambino, piccolo e fragile, in un negozio, perchè insisteva per delle caramelle. La donna, vedendo questa scena, avrebbe voluto dire qualcosa, ma non parlò. Il giorno dopo, al telegiornale, vide una notizia che parlava di un bambino morto a casa degli schiaffi troppo forti della madre.
Servendosi di questa specie di fiaba drammatica dalla morale molto forte, Okey ci insegna a non far tremare la nostra voce.


JO NESBO, Piazza Castello, Sabato 12
Farsi fare un autografo da Jo Nesbo: la missione sembrava impossibile, ma ce l'ho fatta. La fila per avere il suo nome su un foglio di carta era incredibilmente lunga, ma dopotutto è proprio di quel Jo Nesbo che stiamo parlando. Quel Jo Nesbo che dice che non è possibile pianificare il successo e che sta ancora provando a scrivere IL libro che non è mai stato scritto. Ammette che il personaggio che l'ha reso famoso in tutto il mondo, Harry Hole, assomiglia un po' a lui e vive qualcuna delle sue stesse esperienze, perchè "quando si scrive, non si può che involontariamente scrivere anche di sè stessi".
Il suo ultimo libro pubblicato in Italia, Scarafaggi, è ambientato a Bangkok, perchè l'autore voleva scrivere di una città che, dopo averla conosciuta, sarebbe rimasta sempre un mistero.
Ma la risposta più interessante e ambigua è stata quella riguardante un suo "cattivo": un pedofilo. Nesbo ha scritto di lui alla fine degli anni novanta e, durante quel periodo, la Norvegia si era vista vittima di parecchi casi di pedofilia. Crescendo, l'autore non aveva mai sentito parlare di loro ed improvvisamente erano ovunque. Per crearlo si è concentrato sulla ricerca, insieme a psicologi ed esperti sessuologi. Ha scoperto che la pedofilia è considerata un orientamento sessuale e, per questo, ha deciso di creare un personaggio che decide consapevolmente di non vivere questo orientamento, perchè i suoi principi morali non glielo permettono. Con questo, ha voluto provare a trasmettere al pubblico l'idea che il personaggio pedofilo fosse in qualche modo il "santo" della storia, che sacrifica la propria sessualità per cercare di essere un essere umano.

Grazie #festlet!

martedì 1 settembre 2015

Il Cardellino - Donna Tartt

Il cardellino - Donna Tartt
Pagine: 892
Edizione: Rizzoli
Titolo originale: The Goldfinch


TRAMA                                                                                         
Figlio di una madre devota e di un padre inaffidabile, Theo Decker sopravvive, appena tredicenne, all'attentato terroristico che in un istante manda in pezzi la sua vita. Solo a New York, senza parenti nè un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. A disagio nella sua nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dalla'cuta nostalgia nei confronti della madre, Theo si aggrappa alla cosa che più di ogni altra ha il potere di fargliela sentire vicina: un piccolo quadro dal fascino originale che, a distanza di anni, lo porterà ad addentrarsi negli ambienti pericolosi della criminilità internazionale. 


RECENSIONE                                                                                                                   
Alla televisione sentiamo continuamente parlare di attacchi terroristici, stragi, rapine, ma tutto sembra talmente distante da noi, come se non potesse mai succederci per davvero, che non riusciamo ad immaginare fino a fondo come ci si possa sentire, cosa si possa provare. Se vi siete già trovati in questa situazione, questo romanzo può esservi utile.
Mi ricordava un po' Molto forte incredibilmente vicino, un libro che mi piace tanto e che non rileggo da molto tempo, con il figlio sopravvissuto che deve convivere con il peso della perdita del genitore a cui era più affezionato. Sono stata spinta a leggerlo proprio per questo e, inoltre, con un quadro rubato e intrighi di criminalità mi aspettavo tanta azione che non mi avrebbe fatto pesare le quasi 900 pagine di questo volume. 
Invece mi sono ritrovata davanti introspezione e filosofia.
Questi due elementi sono in grado, a mio parere, di creare romanzi formidabilI, soprattutto per il mio gusto personale, ma capirete che 800 e più pagine di riflessioni possono risultare un po' pesanti. E così, tra letture abbandonate a metà e questo bel volume lento, sono mancata dal blog per un mesetto. 
Ma non divaghiamo.
Se dovessi scegliere due parole per descriverlo, sarei banale: amore e odio. Non ci sono altri termini che possono rendere meglio ciò che ho provato ogni volta che me lo ritrovavo fra le mani.
All'inizio è stato un colpo di fulmine: ho subito capito che Donna Tartt è veramente capace di scrivere. Se un giorno dovessi avere bisogno di un modello di scrittura, o qualcuno mi chiedesse come va scritto un libro, non avrei dubbi sull'indicare Il Cardellino.
E' una scrittura precisa, giusta. Sa inquadrare un personaggio in corpo e anima in 10 righe, far muovere tutto al rallentatore in una scena da film d'azione; usa il tono e il registro giusto al momento giusto e crea delle descrizioni eteree. A parole riesce a esprimere in un modo o nell'altro buona parte delle cose che ognuno di noi si porta dentro, è impossibile non ritrovarsi in nemmeno un passaggio. Ci sono delle citazioni davvero da pelle d'oca. 
"Perchè sviluppavo quel genere di curiosità morbosa nei confronti delle persone? 
Era normale fissarsi su un'estranea con tanta febbrile intensità? 
No. Non riuscivo a immaginare che un passante qualunque potesse coltivare un simile interesse nei miei confronti. Eppure ero affascinato dagli sconosciuti, volevo sapere cosa mangiavano e in quali piatti, quali film guardavano e che musica ascoltavano, volevo frugare sotto i letti e nei loro cassetti segreti, nei comodini e dentro le tasche dei cappotti. Spesso, per strada, notavo persone che mi incuriosivano, e passavo giorni interi a fantasticare, a inventare storia sul loro conto mentre viaggiavo nella metro o sull'autobus che attraversava la città."
Dal punto di vista formale, sarei rimasta a leggerlo per ore; d'altra parte il coinvolgimento è stato decisamente altalenante, soprattutto dalla metà in poi. Mi piace vedere come un'autore rappresenta la mente dei protagonisti, mi piace inquadrare i personaggi grazie a delle belle descrizioni, ma talvolta la narrazione diventava troppo lenta sia dal punto di vista narrativo che dell'intreccio: penso che i colpi di scena che mi hanno colpito siano stati due in tutto il romanzo. Soprattutto verso il finale, arrivata ad un certo punto ho pensato: "ecco la svolta che stavo aspettando", ma in realtà tutto è crollato a picco dopo poche pagine e mi sono ritrovata immersa in noiose descrizioni di giornate in cui il protagonista non fa altro che stare chiuso in una stanza.  
Il finale vero e proprio, invece, mi ha riportato un po' su, diciamo non su una montagna, ma almeno su una collina. E' stata una conclusione inaspettata, molto introspettiva, che mi ha stupito per la sua saggezza.
Anche nei confronti dei personaggi stessi ho provato amore, tenerezza, odio, distacco, circospezione, diffidenza. Il più ambiguo è stato sicuramente Boris, l'amico che non vorrei mai avere, ma con uno stile di vita così curioso che passerei interi pomeriggi con lui; in alcuni momenti, mi sarei buttata nelle sue braccia e in altre mi sarei distaccata con disprezzo e sospetto. Pippa, invece, ha occupato il mio cuore invariatamente durante tutte le infinite pagine del romanzo, perchè è un personaggio la cui condizione mi ha suscitato un'incredibile tenerezza e vorrei che fosse stata più presente. 
Un cocktail di emozioni, un libro difficile da definire, che avrei lanciato lontano e il minuto dopo tenuto stretto al petto. Le emozioni contrastanti, la sua caratteristica principale.


VOTO: 7/8