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venerdì 9 dicembre 2016

La marcia di Radetzsky - Joseph Roth

La marcia di Radetzsky - Joseph Roth
Pagine: 467
Edizione: Giunti 
Titolo originale: Radetzskymarsch


TRAMA                                                                                
Durante la battaglia di Solferino il sottotenente Joseph Trotta salva la vita all'Imperatore Francesco Giuseppe, ottenendo un titolo nobiliare. Ha così inizio l'ascesa della famiglia Trotta, in un'epoca in cui il potere degli Asburgo sembra ancora incrollabile. Ma dietro l'apparente splendore si avvertono i primi segnali di decadenza. Carl Joseph, l'irresoluto nipote dell'eroe di Solferino, non ha certo ereditato il robusto valore del nonno e si ritrova incapace di agire di fronte al "nuovo" che avanza.


RECENSIONE                                                                          
La marcia di Radetzsky è un libro di circa cinquecento pagine di cui sono venuta a conoscenza al corso di letteratura tedesca e di cui mi è stata assegnata la lettura integrale per l'esame. Dall'analisi che ne avevamo fatto in classe, si era impresso nella mia mente come un romanzo pesante, reso ripetitivo dal susseguirsi di motivi conduttori messaggeri di decadenza e morte. E' effettivamente di decadenza e di morte che parla questa storia, ma in modo diametralmente opposto rispetto a ciò che mi ero immaginata.
I rimandi e le simbologie hanno una potenza evocativa formidabile e contribuiscono a far parlare questo romanzo attraverso un arco temporale di quasi un secolo, a renderlo estremamente vicino al nostro sentire. Le pene dei personaggi richiamano le nostre stesse sofferenze, i nostri crucci, le angosce che ci pesano addosso ogni giorno: la condanna del tempo che passa, i capelli che si ingrigiscono e le membra che si imprigriscono; la memoria che si assottiglia. Il susseguirsi delle epoche, la malinconia nei confronti di ciò che ci lasciamo alle spalle e lo spaesamento e il sentimento di alienazione che proviamo di fronte alla novità incombente che sembra non appartenerci, quando in realtà siamo semplicemente noi a non appartenere a lei. Dobbiamo essere, per questo, annichiliti dal progresso e dall'evoluzione che non sta ad aspettarci. L'unico appiglio sono i sentimenti di gioia che ci portiamo dentro, ma che possiamo mantenere vivi solamente recuperando continuamente il passato e che non trovano riscontro nella nostra quotidianità. E sopra a tutto questo, come una nube nera che ci sovrasta, la perenne presenza della morte che ci attende. 
Tutta questa ricchissima gamma di temi esistenziali è rappresentata allegoricamente dal declino della famiglia Trotta, che si fa progressivamente più drastico nel corso di tre generazioni, accompagnato dal malinconico ritornello de La marcia di Radetzsky. 
Solitamente, i romanzi che devono presentare così tante tematiche di un certo peso che richiedono una certa quantità di tempo - in questo caso, di pagine - per essere trattate in maniera esauriente sono caratterizzati da una sostanziale assenza di azione e una preponderante presenza di descrizioni chilometriche o di speculazioni filosofiche. Essere all'altezza di un tale tipo di scrittura non è da tutti e infatti, nella maggior parte dei casi, questi tipi di romanzi finiscono per essere relegati nel dimenticatoio, destinati a fare la muffa sugli scaffali delle librerie, a causa della loro pesantezza, che solo i più accaniti (e, si può dire, masochisti) lettori si accingono ad affrontare. La marcia di Radetzsky si è dimostrato una piacevole eccezione alla regola: l'intreccio è parecchio movimentato e ricco di avvenimenti, di relazioni e conflitti; i personaggi sono a tutto tondo, rappresentati tanto nella solitudine quanto nella vita in comunità. Mi sono affezionata a loro e mi sono sentita coinvolta nelle loro vicende, ho imprecato contro di loro per gli errori commessi e per i loro incurabili vizi e difetti. 
Per non parlare poi delle descrizioni. Oh, che belle descrizioni. Mi riferisco proprio a quelle digressioni descrittive che solitamente sono i principali ostacoli alla piacevolezza della lettura e di cui qui, invece, non si potrebbe fare a meno: non sono orpelli superflui, inseriti tra gli eventi solo per far sfoggio di termini forbiti e aumentare il numero delle pagine, ma contribuiscono ad elevare ogni cosa che si legge ad un livello superiore. Grazie alla potenza delle descrizioni, è come se ogni cosa venisse portata fuori dalla pagina e ci finisse addosso, per farci restare lì bloccati ed inebriati dall'impatto. Arrivata alla fine sono state proprio le descrizioni a portarmi quasi alla commozione: i suoni e i
profumi accompagnano la finale caduta dei personaggi come una solidale e compassionevole ninna nanna. Mi sono sentita avvolta da essa, come se il libro la stesse facendo "cantare" anche per me e per tutti noi, che come i protagonisti del romanzo siamo condannati ad un inevitabile decadimento. 
Questo romanzo di Roth ha il pregio di essere uno di quei libri che non esauriscono il proprio effetto dopo esser stati letti, perchè sono capaci di parlare attraverso gli anni e di rappresentare condizioni esistenziali sempre attuali e in cui il lettore si sente inevitabilmente preso in causa. 


VOTO: 9

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