Qui troverai ciò che vuoi:

mercoledì 4 gennaio 2017

Ricordi dal sottosuolo - Fedor Dostoevskij

Ricordi dal sottosuolo - Fedor Dostoevskij
Pagine: 142
Edizione:  Feltrinelli
Titolo originale: Zapiski iz podpolja


RECENSIONE                                                    
Voglio salutare il 2017 con la recensione di una delle maggiori opere di Dostoevskij, nonchè una delle mie ultime letture del 2017.
Ho incontrato Dostoevskij per la prima volta con Le notti bianche, una lettura molto piacevole e ricca di significati filosofici, ma che dal punto di vista narrativo si presenta comunque molto semplice e breve. Avevo voglia di qualcosa che fosse di più. L'occasione è arrivata quando mia madre mi ha regalato L'idiota, un volume imponente di tantissime pagine che ho letto durante l'estate libera dopo la maturità e che mi ha lasciata incantata per la maestria nel gestire gli intrecci e la forza caratteriale dei personaggi. Le mie aspettative sono andate aumentando, ma non mi aspettavo che il mio giudizio positivo sull'autore subisse una tale esplosione in positivo dopo la lettura di Ricordi dal sottosuolo. Comincerei elogiando la struttura geniale del libro. Come ne L'idiota, le prime pagine sono le più pesanti ma anche le più importanti: esse servono da fondamenta di tutto il resto del libro, per preparare il terreno allo sviluppo della trama. La prima parte "Il sottosuolo" è completamente astratta. Scritta con il metodo del monologo interiore ci introduce senza mezzi termini nella mente del protagonista, che espone il suo stile di vita, le sue teorie esistenziali e filosofiche con cui si relaziona alla vita, o meglio rifiuta di relazionarvisi. Egli sta rinchiuso nel sottosuolo, ovvero in una condizione di chiusura nell'odio e in se stesso, ovvero in un nucleo malato, fatto di egoismo e disperazione. Si capisce nel corso della storia che egli, a dispetto di ciò che fieramente afferma, vorrebbe uscire da questa condizione, ma non ne è capace perchè tenta di superare lo stallo utilizzando le stesse armi con cui vi si rintana: nell'amore, o anche solo nei più semplici rapporti di convivenza, nel condividere il marciapiede con un uomo altolocato egli ricerca sempre di imporre il proprio io sugli altri. La soluzione, per Dostoevskij, sta nel rapporto di completa comunione con gli altri, che si raggiunge solo grazie al sentimento dell'amore cristiano. Questo dovrebbe bucare e far esplodere la bolla di individualità in cui l'uomo è però necessariamente rinchiuso: la situazione appare quindi senza reale via d'uscita, la soluzione resta un'utopia.
Nella seconda parte, "A proposito della neve fradicia", si vede in applicazione concreta ciò che prima era stato solamente teorizzato. Il personaggio vive diverse esperienze, quelle che lo porteranno in seguito così convintamente a rintanarsi nel suo buco, in cui si nota la sua incapacità di rapportarsi con l'esterno, la sua incoerenza, la sua impulsività, quell'istinto viscerale che da dentro gli urla di farsi valere sull'altro, di dimostrare quanto egli è grande. L'unica possibilità di speranza per l'uomo è il rapporto con Liza e con lei il protagonista percepisce già il calore della vita reale, la possibilità di uscire finalmente alla luce, ma non corre il rischio: talmente intrappolato nelle proprie convinzioni e morbose, autodistruttive ideologie, egli non è in grado di accettare la prospettiva di un rapporto alla pari. In questa parte, Dostoevskij ha la capacità di avvinghiare il lettore alle pagine, facendolo imprecare a gran voce contro quest'uomo meschino e così cieco davanti a tutto ciò che potrebbe migliorargli la vita con la facilità e leggerezza di un soffio, così annebbiato dal proprio ego artificiale da non accorgersi che ci sarebbero strade molto più semplici da prendere se solo sbattesse un po' gli occhi per togliere la condensa che li ricopre. Soprattutto al finale, sono rimasta sconvolta dal suo comportamento talmente infimo da non sembrare nemmeno umano. Ma la cosa ancora più sconvolgente è che nelle sue invettive alla società e alla gente comune che accetta le regole del gioco pur di non rimanere chiusa nel sottosuolo, mi sono sentita presa in causa, così come si dovrebbe sentire preso in causa ognuno di noi. Noi che guardiamo dall'alto quest'uomo così assurdo, che pensiamo di fare tutto nel modo giusto e convenzionalmente accettato siamo quelli a cui la sua rabbia si rivolge. Tutti coloro che si affidano a una mentalità razionalistica che ha fiducia nell'uomo e crede che questo segua, bene o male, sempre la morale sono quelli che stanno al di là del muro che l'uomo del sottosuolo non vuole scavalcare. In altri passaggi, invece, mi sono sentita io come parte del sottosuolo, e tutti avrebbero dovuto sentirsi come me, perchè fa parte dell'uomo lasciarsi guidare dai propri bisogni egoistici. L'umanità appartiene sia ad un polo che all'altro: è lacerata dalla lotta tra i due principi, e nella maggior parte dei casi è vero che prevale sempre l'egoismo. Chi nega ciò, molto spesso si è solo autoconvinto di possedere una virtù in realtà illusoria. È un libro che mi ha suscitato forti emozioni, mi ha sconvolto internamente, provocandomi continui conflitti interiori su cosa sia giusto e sbagliato. Mi ha mostrato una faccia dell'uomo così comune, ma che eppure, fino a questo momento, nessuno aveva descritto in modo così esatto. È un'opera esistenziale e ricca di contenuto filosofico, ma che non resta su un piano astratto, bensì parla ad ognuno di noi con una forza che gli oltre centocinquant'anni che ci separano dalla sua nascita non sono stati in grado di affievolire. 



VOTO             

Nessun commento:

Posta un commento